La cefalea in età evolutiva, come per l’adulto, ha assunto frequenza e caratteristiche tali da renderla spesso una malattia invalidante con impatto nella qualità di vita importante. Si ripercuote in maniera negativa sulla vita ludica, scolastica e relazionale dei bambini, così come dei genitori e dell’intero nucleo familiare. Essa ha rappresentato da sempre il simbolo della malattia psicosomatica i cui fattori propriamente neurologici interagiscono con altri più propriamente psicologici. La conoscenza di entrambi questi aspetti è fondamentale per comprendere la reciproca modulazione e per poter calibrare gli interventi in funzione delle specificità situazionali.
Classificazione ed epidemiologia
Dal 2018 abbiamo a disposizione una nuova classificazione delle cefalee, che fa seguito alla versione provvisoria ICHD 3-beta del 2013, ma nella quale rimane costante la divisione in cefalee primarie e cefalee secondarie. Le forme primarie sono: emicranie, cefalee tensive, cefalalgie autonomico-trigeminali e altre forme particolari dell’età evolutiva1. Sono proprio le cefalee primarie a costituire la maggioranza dei casi che giunge all’osservazione specialistica, circa l’80%. Nella popolazione in età scolare la prevalenza delle forme primarie oscilla tra il 10 e il 20%, con lieve prevalenza del genere maschile. In relazione all’età se ne registrano incrementi progressivi, tanto che a 13-14 anni, se si considera il verificarsi di crisi almeno mensili, la prevalenza sale intorno al 27-32%. Considerando invece la comparsa della cefalea almeno una volta all’anno, tale percentuale cresce fino circa al 90%. Successivamente alla pubertà si modifica il rapporto femmine/maschi, che viene a collocarsi intorno al valore di 2,5:1, mantenendo la stessa tendenza anche in età adulta.2
Inquadramento clinico e disturbi associati
La presentazione clinica della cefalea si differenzia da quella della cefalea nell’adulto, la presenza di alcuni sintomi può essere dedotta solo dal comportamento del bambino, soprattutto prima dei 5-6 anni di età, come per esempio la qualità e sede del mal di testa, la minore vivacità o l’irritabilità del piccolo paziente. Risulta inoltre importante ottenere informazioni sulla familiarità per il disturbo e la ricerca di eventuali fattori scatenanti o favorenti le crisi, tra i quali si riscontrano alimenti, variazioni del ritmo sonno-veglia, life-events o situazioni antecedenti. La cefalea si associa ad altre patologie neurologiche, psichiatriche e cardiovascolari. In particolare, nei bambini e negli adolescenti, essa si associa più frequentemente a disturbi d’ansia e dell’umore, epilessia, tics ed altri disturbi del neurosviluppo quali ADHD e difficoltà di apprendimento, disturbi del sonno3-4. In particolare, l’andamento cronico della cefalea, ovvero la persistenza di una cefalea per più di 14 giorni al mese per più di 3 mesi o nel caso dell’emicrania per più di 8 giorni al mese per più di 3 mesi induce ad individuare la presenza di tali comorbilità.
Come intervenire
Le cefalee influiscono molto sulla qualità di vita dei bambini che ne soffrono. Per questo motivo è importante non sottovalutare il problema quando si presenta, rivolgersi con serenità al medico competente non appena compaiono i primi sintomi e capire quale sia la causa del dolore per trovare il rimedio più efficace. Risulta chiaro come la parola d’ordine sia PREVENIRE.
Diverse terapie complementari e alternative ai farmaci già noti ed impiegati da tempo, risultano essere efficaci, come gli studi scientifici ci indicano5. Tra questi, l’uso di nutraceutici quali magnesio, coenzima Q10, 5-idrossi-triptofano, melatonina, vitamina D, vitamina B2 sembrano utili nella riduzione dell’intensità del dolore, della frequenza delle crisi e del ricorso alla terapia di attacco. La loro formulazione – unita ad adeguate modalità di somministrazione e alla ridotta probabilità di effetti collaterali – ha contribuito a favorire il miglioramento dei piccoli pazienti e l’aderenza al trattamento, migliorandone ulteriormente l’efficacia.6
Pertanto, la presa in carico precoce e globale del bambino/adolescente affetto da mal di testa, ovvero l’intervento del pediatra di famiglia, lo specialista cefalologo e lo psicologo, comportano una migliore gestione della cefalea, evitano il verificarsi della cronicizzazione della cefalea stessa, restituiscono al soggetto una buona qualità di vita riducendo il rischio dell’abuso di analgesici, più frequente in età adolescenziale ed adulta, nonché lo stress correlato alla sintomatologia cefalalgica.
Bibliografia
1. International Classification of Headache Disorders 3rd edition (ICHD-3), Cephalalgia 2018
2. Zellini F, Guerrini R. Cefalee in età evolutiva. Gior Neuropsich Età Evol 2012;32:1-3
3. Tozzi E, Gammella C, Onofri A et al. The Psychopatological comorbidities in children with chronic headaches. The Journal of Headache and pain 2017,18 (suppl1):111
4. Torres-Ferrus M, Vila-Sala C, Quintana M et al. Headache, comorbidities and lifestyle in an adolescent population.. Cephalalgia 2019 Jan;39(1):91-99
5. Dalla Libera D, Colombo B, Pavan G et al. Complementary and Alternative Medicine (CAM) use in an Italian cohort of pediatric headache patients: The tip of the Iceberg. Neurol Sci 2014 May;35 Suppl 1:145-8
6. Onofri A, Mazzilli M, Gammella C et al. The use of neutraceuticals in childhood and adolescence headaches. The Journal of Headache and Pain 2018,19 (suppl1):80